Storie di design quotidiano – Blocchetti adesivi Post-it

C’erano una volta due ragazze, Romy e Michelle. Dopo qualche anno dal diploma, decidono di organizzare una reunion con i vecchi compagni di classe e di tornare alla loro città Natale. Ad uno ad uno si raccontano a vicenda come stanno procedendo le loro vite e quando arriva il turno delle due amiche, lanciano la notizia bomba: avevano davanti le due inventrici dei famosi blocchetti adesivi Post-it. Nessuno di loro ci credette. E questa è più o meno la fine della storia. O almeno quella raccontata nel film “Romy and Michelle High School Reunion” del 1997.

Storie di design quotidiano - i blocchetti adesivi Post-it

E se vi dicessi:

“Ehi, ho inventato io i Post-it!”

voi ci credereste? Scommetto di no.
Tutti conosciamo i Post-it: fanno parte della nostra cultura, tanto da diventare veri e propri protagonisti di scene televisive che hanno fatto la storia. Il matrimonio Post-it di Meredith Grey e Derek Sheperd di Grey’s Anatomy vi dice nulla? Ripassiamolo insieme che non fa mai male:

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Se ci fermiamo un attimo a pensare, la carta adesiva dei Post-it, per la prima volta nella storia, non solo è in grado di aderire ad ogni superficie, ma può essere anche staccata e poi riposizionata infinite volte. A parer mio, i colorati blocchetti adesivi si meritano di certo un posto nella top ten delle invenzioni più riuscite e proficue della storia della cancelleria!

Fanno parte della nostra quotidianità, sia in ufficio sia a casa, e tendiamo quasi a dimenticarcene, tanto da non chiederci nemmeno quale fosse la loro funzione iniziale, chi li ha inventati e come è avvenuta la scoperta. Se come me siete curiosi di conoscere le origini di questi oggetti singolari, eccovi serviti con la seconda puntata della rubrica “Storie di design quotidiano”.

Storie di design quotidiano – Blocchetti adesivi Post-it

C’erano una volta (e stavolta per davvero!) cinque uomini d’affari del Minnesota che, in seguito alla scoperta di una serie di giacimenti di corindone a cura del signor Ed Lewis, decisero di fondare un’azienda con la speranza di far soldi con questo prezioso materiale. Per chi non lo sapesse – tipo la sottoscritta – il corindone è una forma di ossido di alluminio che al tempo diventò rapidamente famoso e di grande valore per le sue ottime proprietà abrasive.
I cinque imprenditori fondarono nel 1902 la Minnesota Mining & Manufactoring Company, oggi meglio conosciuta come 3M, con grandi speranze e voglia di capitalizzare.
Speranze che vennero incrinate a causa di due grossi intoppi iniziali:
1. mentre loro lavoravano all'estrazione del minerale, un signore di nome Edward Acheson sintetizzava in laboratorio un sostituto artificiale molto più economico del corindone, che si svalutò in pochissimo tempo;
2. come se non bastasse, venne alla luce che i giacimenti non contenevano corindone, ma bensì un minerale molto simile ma non abbastanza forte da essere usato come abrasivo.

Ignari di tutto, i cinque imprenditori costruirono una fabbrica per produrre carta vetrata, nonostante le difficoltà nell'estrazione del minerale dalle miniere. Provano così ad importare un materiale simile dalla Spagna, il granato, e iniziano a vendere i primi pezzi. Risultato? Tantissime lamentele: il materiale abrasivo si staccava già dopo pochi minuti dall’utilizzo. Dopo un’attenta analisi venne fuori che il minerale conteneva olio d’oliva, rendendo la carta vetrata completamente inutilizzabile: il carico che aveva trasportato il granato dalla Spagna all’America aveva precedentemente trasportato barili danneggiati di olio.

Siamo solo nel 1914 e la Minnesota Mining & Manufactoring Company ha già avuto abbastanza sfortuna per un secolo intero! Grazie a questo episodio però i cinque imprenditori decidono di aprire il loro primo laboratorio di ricerca e a dedicare maggiore attenzione alla qualità e alla ricerca.

Facciamo ora un salto temporale di 50 anni circa. Siamo nel 1966 e un nuovo scienziato, nonché uno dei due veri protagonisti di questa storia, si unisce al team: stiamo parlando del chimico Spence Silver, che si occuperà di studiare nuove forme di polimeri per adesivi. Il gruppo era alla ricerca di un adesivo che aderisse per bene alle superfici con le quali entrava in contatto e che fosse di facile rimozione. Così, il nostro scienziato inizia i suoi esperimenti:

Ho aggiunto più dei reagenti chimici raccomandati per far sì che le molecole polimerizzassero. Il risultato fu assolutamente sorprendente. Invece di dissolversi, le piccole particelle prodotte si disperdevano nel solvente. Era una vera novità ed iniziai a sperimentare su questa scoperta.”

Queste le parole che disse al Financial Times. Capito qualcosa? Tranquilli, siete in buona compagnia!

In parole povere, il dottor Spence nota che le particelle formavano delle piccole sfere solide che, grazie alla loro forma tondeggiante appunto, entravano in contatto solo con una piccola porzione della superficie sulle quali erano posizionate. Aveva creato una sostanza del tutto nuova, un adesivo molto debole.

“Una soluzione che aspettava un problema da risolvere”, così la definì inizialmente in una lettera. Per anni sperimenta nuove formule giocando con idee bizzarre e nel frattempo condivide le sue scoperte con i colleghi attraverso dei seminari.

Avete presente quando si lavora per così tanto tempo su qualcosa fino a non riuscire a vedere nessuna strada nuova? Questa era più o meno la situazione nella quale si trovava il dottor Spence.
Ed è a questo punto che entra in gioco il nostro secondo protagonista: Art Fry, dipendente anch'egli della 3M, impegnato nella ricerca e nello sviluppo di nuove idee di prodotto ed appassionato fan dei seminari di Silver. Nel suo tempo libero, Fry si dilettava nel coro della chiesa locale ed era arcistufo di continuare a perdere in giro i pezzetti di carta che usava come segnalibro. Così, torna dal dottor Silver e gli chiede un campione del suo adesivo da applicare ai suoi segnalibri. Funzionava! Ma lasciava un piccolo residuo appiccicoso sulla pagine.

Alla fine, Fry inizia a pensare ad un composto chimico da applicare prima dell’adesivo che non rendesse appiccicosa la pagina quando il segnalibro veniva rimosso. Lo mostra ai suoi colleghi ma nessuno ne rimase entusiasta. Un giorno si ritrovò nel suo ufficio a compilare un report. Voleva lasciare una piccola nota al suo supervisore, così prese uno dei suoi segnalibri e lo applicò sulla copertina del report con il suo appunto. Il suo supervisore rispose utilizzando la stessa tecnica. Vedendo questo, Fry pensò EUREKA!, e così nacquero i Post-it come li conosciamo oggi.

Grazie a questa scoperta, l’azienda 3M sopravvisse alle precedenti difficoltà, individuando finalmente il suo primo vero prodotto di successo nel mercato degli adesivi.

Oggi i Post-it esistono in 16 tipologie di prodotti differenti e in dozzine di colori. Oltre ad essere stati usati nella serie tv Grey’s Anatomy, sono diventati protagonisti anche di un’altra serie cult: stiamo parlando di Sex & The City e precisamente della scena in cui Carrie viene lasciata da Berger tramite… un Post-it! Triste ma vero:

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La curatrice del MOMA, Paola Antonelli, ha definito il Post-it come “un ipertesto sulla porta del frigorifero”. La forza di questo prodotto è molto semplice: ci aiuta a ricordare. Che si parli di un report di finanza o di un semplice appunto, la sua funzione è sempre la stessa: un suggerimento visivo che ci ricorda di comprare il latte o di mandare quella mail importante. Se ci pensiamo bene, qualsiasi app di note presente sui nostri pc immediatamente ce li riporta alla mente: la forma quadrata, le righe e il tipico colore giallo.

Oggi i Post-it fanno parte della nostra vita a casa, in ufficio, sul nostro computer e non solo: negli ultimi anni stanno entrando a far parte del mondo dell’arte, sia materiale sia digitale:

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Fico vero?

Per concludere questa bellissima storia, vi lascio con una serie di bellissime opere dell’artista Rebecca Murtaugh e con lo screensaver gratuito per i vostri computer, scaricabile a questo indirizzo.

Storie di design quotidiano – Blocchetti adesivi Post-it

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Alla prossima puntata!